Pmi, la sindrome del figlio di mezzo

In Europa ogni azienda di piccole/medie dimensioni registra una perdita potenziale di 5,7 milioni di euro di fatturato ogni anno, come conseguenza di una serie di barriere che ne ostacolano lo sviluppo. E’ quanto emerge da una ricerca commissionata da Ricoh Europe a Coleman Parkes Research, che prende in considerazione imprese con un numero di dipendenti tra 50 e 500 e un fatturato annuo tra 3 e 130 milioni di euro. Con 75.000 aziende di medie dimensioni in tutta Europa, la perdita complessiva si attesta quindi annualmente a 433 miliardi di euro, in pratica, il PIL annuale del Belgio.

Dalla ricerca emerge una tendenza diffusa: il 38% delle Pmi europee sta pianificando di quotarsi in borsa, mentre il 21% intende attuare operazioni di merger and acquisition.

Riguardo alle nostre imprese, le principali priorità di business per i prossimi 2 anni sono: Sviluppo di nuovi prodotti e servizi (42% del campione italiano); Innovazione dei processi e utilizzo di tecnologie per guadagnare vantaggio competitivo (38% del campione); Investimenti in nuove tecnologie per trasformare il business (35% del campione).

Le Pmi europee hanno ambiziosi obiettivi di crescita, ma secondo il 93% del campione vi sono una serie di freni che impediscono loro di raggiungere appieno le loro potenzialità. Tra i principali: Requisiti normativi complessi e che richiedono ingenti investimenti (indicati dal 38% del campione italiano, una delle percentuali più alte di tutta Europa dove la media è del 31%); difficoltà nell’attirare nuovi talenti (fattore indicato dal 24% delle aziende italiane – media europea: 27%); difficoltà nell’ottenere finanziamenti per nuove tecnologie a supporto della crescita (indicata dal 31% del campione del nostro Paese – media europea 27%).

«Le aziende europee di medie dimensioni», afferma Jyoti Banerjee, cofondatore del M-Institute, organismo che rappresenta queste imprese, «si trovano a fronteggiare sfide molto simili, a prescindere dal Paese e dal settore merceologico in cui operano. Esistono problemi strutturali che dovranno essere affrontati a livello di singola impresa nonché di Sistema Paese. Per l’Europa è importante che le medie aziende raggiungano un traguardo di crescita creando così nuovi posti di lavoro. In questo contesto, ulteriori supporti da parte degli enti governativi e dell’industria farebbero davvero la differenza per questa tipologia di aziende che troppo spesso viene trascurata».

Secondo la ricerca il 30% del campione delle medie aziende deve ancora implementare tecnologie per la digitalizzazione con l’obiettivo specifico di crescere e diventare imprese di grandi dimensioni. Questo “salto” è fondamentale per riuscire a realizzare il fatturato che stanno potenzialmente perdendo ogni anno.

Tra i vantaggi ottenuti dalle medie aziende italiane che hanno già implementato tecnologie per la digitalizzazione vi sono: Miglioramento del servizio ai clienti (indicato dal 38% del campione italiano); Riduzione dei costi (38% del campione italiano) ;Ottimizzazione delle comunicazioni con i clienti (37% del campione italiano) .

Conclude Davide Oriani, CEO di Ricoh Italia: «Mentre la maggior parte del supporto pubblico è rivolto alle piccole imprese e le grandi imprese sono abbastanza solide da badare a loro stesse, quelle di medie dimensioni si sentono trascurate e soffrono della sindrome del figlio di mezzo. Le aziende che vogliono puntare alla crescita dovrebbero concentrarsi sulle tecnologie per la digitalizzazione implementando ad esempio fatturazione elettronica e flussi di lavoro automatizzati. Per queste aziende è arrivato il momento di dare priorità all’innovazione per affrontare le sfide poste dal mercato».

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