Fashion identikit della gen z: digital, second hand, sostenibilità e qualità

Il Fashion Consumer Panel di SITA Ricerca, società del gruppo Pambianco, rileva che nel 2024 la GEN Z – nati dal 1995 in poi-ha speso circa 400 euro a testa in abbigliamento, accessori e calzature.

Una generazione che è particolarmente attenta alla moda e dove i teen sono soprattutto alla ricerca della marca “famosa” mentre i giovani adulti sono più interessati allo stile originale, alla ricerca di dettagli distintivi e alla qualità dei materiali.

Il green si conferma di particolare interesse per questa generazione come driver di acquisto: oltre il 50% dichiara che farà sempre più attenzione ad acquistare prodotti e marche green. Il sostegno alla sostenibilità si traduce anche in una particolare propensione ad acquistare capi “second hand” (60%).

Il made in Italy per la GEN Z invece è meno importante.  Le marche cult che dominano il loro paniere di acquisto sono soprattutto marche “straniere”, dalle marche sempre più lifestyle quali Nike e Adidas, a quelle di jeans come Levi’s, al fast fashion come Zara.

I touchpoint di riferimento della Gen Z come fonte di ispirazione nelle scelte moda sono il mondo digital, soprattutto i social con in testa Instagram e Tik tok ed i profili degli influencer, i film e le serie e le celebrities dello spettacolo, della musica e dello sport.

È una generazione che acquista maggiormente rispetto alle altre generazioni nei centri commerciali, nei factory outlet e sui marketplace.

Le catene multimarca sono il format distributivo di elezione, luogo che intercetta meglio l’interesse della GEN Z verso uno stile street e sportivo e prodotti quali sneaker, jeans, felpe e t-shirt. Ne amano particolarmente l’ampiezza dell’assortimento e la convenienza.

Cosa si aspetta questa generazione dall’industria della moda?

“In termini di attese, sicuramente  c’è una richiesta di maggior sostenibilità dell’industria del fashion sia ambientale che sociale, a prezzi sostenibili” dichiara Alessandra Mengoli, partner di SITA Ricerca,  “vi è poi una richiesta di stili più originali e meno mainstream, infine un segnale debole, in crescita rispetto al passato, da una generazione nata col fast fashion, è la richiesta di maggiore qualità che si traduce nella richiesta di prodotti con fibre naturali, materiali che durino di più, un fit che rispetti maggiormente tutti i fisici. Un warning forse al Fast fashion e all’industria fashion come l’abbiamo conosciuta negli ultimi 20 anni”.

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